Sanità lombarda: la nostra posizione sul referendum
di Diego Bossi e Mario Avossa
Pubblichiamo questo articolo uscito sul numero estivo di Progetto comunista sul referendum regionale, promosso in Lombardia, per abrogare parzialmente la riforma sanitaria, con lo scopo di eliminare l'equiparazione tra sanità pubblica e privata: è notizia del 12 settembre che la maggioranza di centrodestra in Consiglio regionale ha approvato un ordine del giorno per dichiarare inammissibile il referendum. Non ci aspettavamo nulla di diverso dalle forze di destra che negli ultimi trent'anni, tramite corporazioni cattoliche (Comunione e liberazione e Compagnia delle opere), hanno privatizzato la sanità lombarda. Al contempo riteniamo di pessimo gusto l'ipocrita indignazione dei certe sedicenti opposizioni che, quando erano al governo centrale, hanno disposto tagli miliardari mettendo in ginocchio la sanità pubblica.
Al termine di un burrascoso luglio lombardo, che ha alternato il caldo torrido alla furia temporalesca, ad animare la scena politica a Palazzo Lombardia è stata la presentazione di una proposta di referendum popolare abrogativo, finalizzata a limare la legge sanitaria regionale n.33/2009, successivamente modificata dalla legge 22/2021.
I quesiti abrogativi interverranno sull’equivalenza tra pubblico e privato e sull'estensione di funzioni e servizi che potranno essere delegati da Ats e Asst a soggetti ed enti privati. In altre parole, qualora il referendum venisse ammesso, validato dal quorum previsto e restituisse la volontà abrogativa della maggioranza dei partecipanti, dovremmo avere una legge sanitaria regionale informata alla preminenza del pubblico sul privato. Bene, si tratta di un’esigenza urgente che molti lavoratori sentono impellente: prenotare una visita e trovare un posto libero dopo mesi (se non anni!) o pagare centinaia di euro per farsi visitare in settimana è ormai la scelta che ci regala il capitalismo e — duole dirlo, ma tant’è — si tratta spesso di una scelta tra la vita e la morte, tra la guarigione e un’invalidità permanente, tra il recupero e il punto di non ritorno.
Una premessa di principio
Per prima cosa crediamo sia importante ribadire un principio fondamentale: l’universalità e la strutturazione pubblica della sanità. Sul tema sarebbe importante partire da un assunto che per la nostra classe dovrebbe essere inconfutabile: non possono esistere tonalità di grigio o forme ibride!
La convivenza in una medesima società di un sistema sanitario privato e di uno pubblico non potrà mai essere pacifica e armoniosa, poiché qualsiasi forma di sanità privata non può che andare a detrimento di quella pubblica: dal momento che un solo medico, un solo infermiere, un solo analista di laboratorio, impiega anche un solo secondo al servizio di un privato ponendosi fuori dal Sistema sanitario nazionale (Ssn), sta sottraendo risorse alla sanità pubblica e universale, che diviene meno pubblica, meno universale e — ahinoi! — meno efficiente. E questo è il principio astratto.
In concreto la realtà della sanità pubblica in Italia è un disastro di proporzioni epocali: di fatto esistono due canali paralleli dove, da una parte, si finanziano i privati coi soldi pubblici, dall’altra, si tagliano finanziamenti alle strutture pubbliche per ingrassare il padronato sanitario: i famosi 37 miliardi di tagli governativi in un decennio denunciati dalla fondazione Gimbe.
Vogliamo abrogare la controriforma sanitaria lombarda
Concordiamo con l’obiettivo che propongono Medicina Democratica, Osservatorio Salute, Cgil e Spi Cgil, Acli e Arci: abrogare la controriforma e restituire centralità al sistema sanitario pubblico. Non siamo animati da pregiudizi settari e diamo il nostro sostegno a questa battaglia: le classi oppresse hanno necessità reale di una sanità pubblica, universale, gratuita e di qualità. La rovina della sanità pubblica è correlata al dilagare delle strutture sanitarie private con scopo di lucro. Non si è visto nessun controllo da parte delle istituzioni sanitarie regionali, solo accondiscendenza al proliferare di aziende private. La qualità della sanità pubblica è inversamente proporzionale al volume dei profitti dei privati.
Drammatica l’esperienza del Covid-19, dove i privati hanno inghiottito risorse senza corrispettivo sociale; e frustrante la politica di riduzione dei posti letto e dei dipendenti pubblici: i primi insufficienti alle reali esigenze dei malati e i secondi sfruttati come bestie da soma.
Se da una parte questa battaglia referendaria sarà giustamente sostenuta da larghi strati della popolazione e costituirà un importante passo nella giusta direzione di riconquista della sanità pubblica da parte del proletariato (che l’ha ottenuta con anni di dure lotte!), dall’altra non possiamo esimerci dal criticare le posizioni e le politiche incoerenti di taluni soggetti proponenti il referendum.
Partiamo proprio dalla Cgil, nello specifico dallo Spi-Cgil, vale a dire l’organizzazione dei pensionati federata al sindacato di Corso Italia. Sarebbe curioso sapere come la direzione di questo sindacato, ingannando la sua stessa base, oggi propone i referendum per ridare forza alla sanità pubblica quando al contempo, da anni, sta rafforzando il privato attraverso la cogestione dei fondi sanitari di categoria in tutto il mondo del lavoro e avallando i tagli di risorse al pubblico attraverso l'implementazione (prevista da accordi interconfederali e da molti contratti collettivi) del cosiddetto welfare aziendale, che non solo è totalmente defiscalizzato e che quindi priverà di risorse il welfare universale e le già misere pensioni dei lavoratori, ma annovera nel ventaglio dei suoi «vantaggi» una vasta scelta di prestazioni sanitarie erogate da soggetti privati.
Un po’ di chiarezza
Ma andiamo alle dichiarazioni di intenti dei sottoscrittori la proposta referendaria.
Ci aspetteremmo di leggere che i quesiti saranno il cavallo di Troia per ripristinare la centralità del sistema pubblico lombardo e scardinare le aziende sanitarie private: queste dovranno confluire nel sistema sanitario regionale integrando i loro libri contabili in quello pubblico; e i dipendenti passeranno a contratto pubblico.
Apprendiamo, invece, che l’Osservatorio Sanità invoca i quesiti referendari perché «Se il pubblico finanzia il privato, deve poi controllarne l’operato», rivendicazione inverosimile perché da decenni, dai tempi di Comunione & Liberazione, la sanità privata detta leggi e condizioni normative che sono adottate in modo passivo dalle massime istituzioni regionali (infatti il privato dilaga); e perché non è interesse degli imprenditori sanitari lombardi avere una sanità pubblica come una spina nel fianco che le fa concorrenza sleale. Per rendere più esplicita la sua posizione ambigua, l’Osservatorio Sanità dichiara che «i referendum non mirano a cancellare il privato».
Ci viene il dubbio che qualcuno intenda auto-proporsi come controllore: un po’ come sui trasporti pubblici, quando l’omino in divisa chiede il biglietto ai passeggeri ma non chiede ai massimi vertici aziendali come si sono arricchiti.
Concordiamo con Medicina Democratica sull’«obiettivo di riportare al pubblico la funzione di programmazione, di controllo pieno della erogazione dei servizi a partire da quelli di prevenzione, garantendo universalità di accesso, gratuità e partecipazione». Anche qui, però, reticenza sul ruolo dei pescecani privati.
Arci Lombardia si affretta a tranquillizzare i privati e il privato sociale; mentre molto deludente è la posizione di Acli Lombardia che si limita a sostenere che «l’istituzione pubblica riprenda la funzione di analisi dei bisogni dei cittadini lombardi e della programmazione dei servizi sanitari».
Il referendum esige la pressione dei lavoratori
Sosteniamo la proposta referendaria ma allo stesso tempo sosteniamo la mobilitazione dei lavoratori a sostegno del ripristino della funzione pubblica e universale della sanità. La prima senza la seconda è solo un biglietto in un’urna. Perciò facciamo appello alle organizzazioni sindacali perché aprano percorsi di mobilitazione sulla rivendicazione di una sanità totalmente pubblica, affrancata dalle attività di strangolamento che i pescecani della sanità privata in Lombardia stanno attuando da anni.
Il referendum può essere un passo importante ma è, appunto, «un passo»: solo con la lotta i lavoratori potranno strappare dalle mani sporche dei padroni la loro sanità! Nella consapevolezza che nel capitalismo nessuna conquista potrà mai essere definitiva: di qui l’importanza di organizzare il proletariato cosciente in un partito rivoluzionario. Questo sarà l’impegno di Alternativa comunista. In Lombardia come in tutta Italia.