Appello per un confronto pubblico su come rilanciare la mobilitazione
Perché allora tanta ostilità da parte di questi Disobbedienti vicentini nei confronti del Pdac? Il motivo, per loro stessa ammissione, sta nel fatto che il Pdac ha fatto un bilancio diverso dell'esito delle mobilitazioni contro il Dal Molin, esprimendo giudizi critici nei confronti della decisione dei Disobbedienti di sostenere sia il referendum sia il sindaco del Pd Achille Variati al ballottaggio, durante le ultime elezioni amministrative, in cambio di quelle che il Pdac vicentino ha definito mere concessioni di facciata. Il Pdac, fin da subito, mise in guardia il movimento rispetto alle intenzioni del Pd, allertando che la consultazione sarebbe stata un mezzo per depotenziare la mobilitazione. E così è stato. L'esito del referendum è stato ignorato, la base è stata costruita, la mobilitazione è progressivamente scemata e l'unico "risultato" che dopo anni di mobilitazioni di massa si è riusciti a strappare è stata... la concessione di un parco (definito, con involontaria macabra ironia, "Parco della Pace") nei pressi della nuova base Usa.
E' per questo che, in occasione della manifestazione del 4 maggio, il Pdac ha voluto ribadire la sua posizione: il movimento è stato svenduto dal Pd (e da chi al Pd si è accodato) in cambio del nulla. Sosterremmo la stessa posizione se oggi, in Val di Susa, al posto del proseguimento della lotta sul territorio alcuni esponenti del movimento proponessero un referendum locale contro il Tav: diremmo che non è coi referendum "consultivi" che si strappano risultati, ma solo con la lotta. E, infatti, in Val di Susa, la mobilitazione prosegue, senza illusioni su possibili soluzioni provenienti dalle istituzioni (di centrodestra o centrosinistra).
Ma c'è una cosa che riteniamo fondamentale: le divergenze politiche, anche aspre, non devono portare alla rottura dell'unità d'azione contro il comune nemico, in questo caso contro un nemico molto potente, l'imperialismo Usa. Nel movimento - così come nei sindacati e nei comitati di lotta - deve essere garantita la possibilità a tutti i compagni di esprimere posizioni critiche nei confronti della linea politica egemone. Le intimidazioni non possono e non devono prendere il posto del confronto politico aperto e franco.
E' a partire da questa convinzione - che crediamo condivisa anche da tanti e tante compagne del movimento contro la guerra - che, nonostante le intimidazioni subite, Alternativa Comunista propone ai Disobbedienti un confronto politico pubblico sulle rispettive posizioni in relazione alla lotta contro il Dal Molin. Chiediamo a tutte le organizzazioni politiche, di movimento e sindacali che sostengono le ragioni della battaglia contro la base Usa di promuovere insieme al Pdac un'assemblea a Vicenza per discutere di come proseguire e rilanciare la lotta contro la base Usa, fino alla cacciata dell'esercito Usa dalla città. Nella consapevolezza che il movimento può crescere solo se è lasciato spazio al confronto politico democratico tra tutte le realtà di classe e di lotta.
D. Primucci: La mattina del 4 maggio, in una piazza centrale della città, era previsto alle ore 8.30 il corteo degli studenti che avrebbe poi raggiunto il luogo del concentramento della manifestazione principale programmato per le ore 10. Insieme al compagno Raffaello Giampiccolo (del Pdac di Vicenza, ndr), ero andato al concentramento degli studenti per partecipare al corteo distribuendo il nostro volantino. Non appena siamo arrivati in piazza, siamo stati fronteggiati da almeno cinque Disobbedienti che, con prepotenza e intimidazioni pesanti, ci hanno bloccati tenendoci lontani dagli studenti che erano ignari di quello che stava accadendo. Alla fine abbiamo rinunciato perché la situazione non degenerasse, visto che ai Disobbedienti, come ci hanno detto loro stessi “prudevano le mani”. In quei pochi minuti di scontro verbale, ho cercato di ricevere delle risposte sul perché di questo atteggiamento e sulle motivazioni politiche che li hanno spinti a non farci avvicinare agli studenti ma non ho ricevuto una risposta politica, solo farneticazioni.
In seguito, al momento del corteo unitario, convocato per le h 10 davanti alla stazione, ci siamo riuniti con gli altri compagni del partito all’interno dello spezzone della sinistra di classe. A tutto questo gruppo (una trentina di persone) che si stava avvicinando alla stazione è stato negato l’avvicinamento al corteo, che era unitario, da parte della Digos e dei Disobbedienti. Alla fine la Digos ha impedito allo spezzone di avvicinarsi al piazzale della Stazione mentre il resto dei manifestanti attendevano, ignari di tutto questo, la partenza del corteo dal concentramento in stazione. Sottolineo il fatto che tutto si è svolto all’oscuro della quasi totalità dei manifestanti perché se un fatto così grave fosse successo davanti agli occhi di tutti ciò non sarebbe stato possibile. Lo spezzone della sinistra di classe, del sindacalismo di base, insieme alle Donne in Rete per la Pace, ha poi deciso di spostarsi alla rotatoria d’ingresso della base Dal Molin per fare un presidio con volantinaggio.
Evidentemente una voce fuori del coro li disturba molto più di quanto potessi immaginare. Al contenuto della nostra critica politica loro hanno risposto con atti intimidatori, tra l’altro lasciando all'oscuro i manifestanti che non si sono nemmeno resi conto degli avvenimenti. I Disobbedienti non ci hanno attaccati sul piano politico, cosa che avrei di gran lunga preferito poiché noi ci siamo proposti con argomentazioni legittime. Parlano tanto di democrazia e intanto la loro risposta è stata la prepotenza.
L’unico modo per fermare la costruzione della nuova base militare era la mobilitazione ad oltranza, senza scendere a patto con l’istituzione, senza accettare compromessi e compensazioni. Bisognava appunto prendere esempio dalla coraggiosa Valsusa che da vent’anni si mobilita contro la costruzione del Tav. Inoltre, per quanto riguarda il referendum, noi crediamo sia servito a depotenziare il conflitto, nonostante migliaia di cittadini si fossero espressi contro la costruzione della base. Vorrei ricordare che anche il referendum “vittorioso” del giugno 2011 sui servizi pubblici (in particolare l’acqua) è stato sconfessato da amministrazioni e governi regionali, oltre che essere occultato negli ultimi decreti sulle liberalizzazioni del governo Monti. Infatti, ancora oggi la percentuale in bolletta per i profitti garantiti, in altre parole la speculazione sull’acqua e il servizio idrico, non è stata abolita; anzi, la tariffa, ricalcolata dall’Autorità per l’Energia, ha semplicemente nascosto sotto un’altra definizione quello stesso meccanismo. Come dimostra questa esperienza, i risultati referendari per essere vincenti e duraturi devono essere accompagnati da una mobilitazione che non si placa con le promesse. Affinché i referendum vincenti siano rispettati, la popolazione deve riempire le piazze, altrimenti il risultato non vale più nemmeno sulla carta. Così è successo col referendum sul Dal Molin.
Non saprei spiegarmelo. In passato anch’io ho avuto modo di collaborare con loro, in particolare per quanto riguarda iniziative studentesche. Nelle riunioni e assemblee in cui ci siamo trovati a discutere, consapevoli delle diversità di pensiero, c’erano aspri dibattiti che poi portavano a un accordo o alla rottura. Mai però si era arrivati a tanto. Credo che il confronto democratico stia alla base dei rapporti tra coloro che si battono per alcuni obiettivi comuni come possono essere le lotte contro i tagli all’istruzione, le lotte contro il Tav ma anche quelle contro le misure di austerità. Spero che quest’atto non pregiudichi eventuali momenti futuri in cui bisognerà fare un fronte unico, ad esempio nella lotta antifascista.
Risponderemo in modo pacifico ma determinato. Sicuramente non utilizzeremo metodi antidemocratici, cercheremo un confronto sul piano politico, un confronto che si tramuterà probabilmente in uno scontro, poiché le due visioni sulla vicenda Dal Molin sono contrapposte. Un confronto non deve essere basato sull’arroganza ma sulla dialettica tra le parti. Le uniche cose che devono scontrarsi sono le diverse argomentazioni. Il 4 maggio abbiamo legittimamente espresso la nostra posizione politica: cosa che continueremo a fare in ogni occasione. Lo abbiamo già detto, la sezione del Pdac di Vicenza continuerà nel suo impegno contro la guerra e l’imperialismo da posizioni di classe.