RESPINGIAMO L'ATTACCO DEI DUE POLI DELL'ALTERNANZA AGLI SPAZI DEMOCRATICI CONQUISTATI DAI LAVORATORI
Le modifiche berlusconiane determinano la concentrazione di poteri nelle mani del primo ministro e dell'Esecutivo a scapito del ruolo del parlamento e la realizzazione di un federalismo più spinto (su dettato della Lega) con l'attribuzione esclusiva alle regioni di materie riguardanti la Sanità, l'Istruzione e la polizia locale e con l'introduzione del federalismo fiscale.
Per le classi popolari e per i lavoratori queste modifiche costituiscono un attacco alle loro condizioni materiali, un arretramento rispetto a diritti che, se pur formalmente sanciti nella Costituzione, sono stati ignorati dal '48 ad oggi e parzialmente conquistati solo a seguito delle lotte sociali degli anni 60 e 70.
Ma il tentativo di modificare la forma dello Stato in senso federale e di rafforzare i poteri del premier e del governo non è un'invenzione di Berlusconi. E' una tendenza in atto da più di un ventennio e risponde a un'esigenza di riassetto dei poteri statali imposta dalla crisi capitalistica italiana e internazionale, sostenuta da governi di centrodestra e di centrosinistra (bicamerale di D'Alema, riforma federalista del titolo 5� della Costituzione, introduzione dell'elezione diretta dei presidenti di regioni e province) in nome della "governabilità" e della "modernizzazione".
La borghesia ed i governi che ne rappresentano gli interessi vogliono garantirsi, attraverso riforme profonde della carta costituzionale che sta alla base della loro "democrazia", governi forti che facciano ingoiare provvedimenti di "lacrime e sangue" e che tengano a bada le lotte e le rivendicazioni del proletariato.
Tutte le giaculatorie contro la riforma portate avanti dall'Unione, dai sindacati concertativi, dai comitati referendari su: "cambiamento del volto della democrazia italiana", "deformazione delle istituzioni", difesa strenua della Costituzione "nata dalla resistenza" ecc., suonano come ipocrite e retoriche. La stessa Costituzione del è48 rappresentò un compromesso di classe (vedi sacralità della proprietà privata, patti lateranensi), e gli stessi principi fondamentali non sono mai stati rispettati (diritto al lavoro, alla salute, ripudio della guerra ecc.).
Per noi marxisti non si tratta quindi di difendere le istituzioni borghesi che mai garantiranno l'"uguaglianza" tanto proclamata in quei principi. Si tratta invece di mantenere aperti quegli spazi che la loro democrazia (borghese) è stata costretta a concedere grazie alle lotte delle masse popolari e dei lavoratori, all'interno dei quali dobbiamo sviluppare un sistema di rivendicazioni per la difesa del sistema sanitario nazionale pubblico e gratuito, per un sistema dell'istruzione unico pubblico e gratuito, per un vero sistema elettorale proporzionale a garanzia di una maggiore rappresentanza dei lavoratori, opponendoci alla repressione poliziesca nazionale e locale che i padroni esercitano contro i movimenti e le lotte dei lavoratori.
Per i comunisti la difesa di questi spazi democratici -che passa oggi anche per un NO al referendum di fine giugno, senza alcun "fronte comune" con il centrosinistra (nemico di reali libertà democratiche non meno di Berlusconi)- è un elemento necessario per difendere spazi di organizzazione e di lotta di classe per accumulare forze nella prospettiva di un'altra democrazia (che non è quella della Costituzione e dello Stato borghese) e di un'altra economia. Nella prospettiva, cioè, di un'alternativa vera, socialista e rivoluzioanria, dei lavoratori.
E' con questi scopi che Progetto Comunista Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori (quella che è stata per anni la sinistra interna al Prc) ha promosso la scissione da Rifondazione e avviatoil processo costituente di un vero partito comunista.