L’Intifada di Terzigno
di Valerio Torre
18 luglio 2009, Silvio
Berlusconi: “A Napoli l’emergenza rifiuti è finita”.
23 settembre 2010, Guido
Bertolaso: “Non si capisce perché a Napoli oggi ci sia la spazzatura nelle
strade. Abbiamo fatto cinque discariche dove c’era spazio, avviato la raccolta
differenziata in modo serio e aperto l’impianto d’Acerra. A Napoli c’è qualcosa
che non mi torna”.
Ecco, è in queste due
dichiarazioni, apparentemente contraddittorie, che si deve cercare la chiave di
lettura di quanto sta accadendo in questi giorni fra Terzigno e Boscoreale, in
provincia di Napoli, dove una popolazione legittimamente inferocita è scesa per
l’ennesima volta nelle strade per opporsi alla violenza d’istituzioni statali
(e non solo) sempre più incapaci di fronteggiare l’emergenza rifiuti da esse
stesse creata.
Una contraddizione,
dicevamo, solo apparente, poiché le due affermazioni rappresentano il completamento
l’una dell’altra, con la seconda che rende evidente quanto improvvida sia stata
la prima.
Il problema è che “quel che
non torna” all’incredulo capo alla Protezione Civile, quel che lui proprio non
riesce a capire, è in realtà l’ostinata volontà delle genti della sfortunata
area vesuviana di combattere per la difesa della propria salute e per evitare
che sia portato a compimento l’ennesimo scempio ambientale, su un intero
territorio – ricadente, peraltro, per quel che può valere per una borghesia che
viola a proprio piacimento le sue stesse leggi, nel Parco Nazionale del Vesuvio
– trasformato in uno sversatoio a cielo aperto, le cui falde acquifere sono
risultate inquinate da elevati livelli di manganese, ferro, fluoruri, nichel,
zinco, cadmio, policlorobifenili e Aldrin (un potente pesticida). Un
territorio, va ricordato, in cui si producono, tra l’altro, pregiati vitigni
(da qui viene il famoso Lacryma Christi).
Le popolazioni che abitano
questi luoghi, esasperate dagli insopportabili miasmi, hanno bloccato le strade
d’accesso alla discarica “Sari” di Terzigno impedendo a centinaia
d’autocompattatori di sversare tonnellate di rifiuti e litri e litri di
velenosissimo percolato. Polizia e carabinieri in assetto antisommossa hanno
brutalmente caricato i manifestanti, tentando di rimuovere i blocchi stradali e
le barricate che frattanto erano state erette, dando così luogo a violenti
scontri, con numerosi arresti e feriti da entrambe le parti.
La rabbia popolare è
ulteriormente divampata quando dalle riunioni con gli amministratori locali è
emersa la volontà del governo di aprire a Terzigno un’altra discarica (Cava
Vitiello), la più grande d’Europa, con una capacità di 3,5 milioni di
tonnellate.
Bugie e luoghi comuni spazzati via dalla protesta popolare
Naturalmente, sui quotidiani
della borghesia c’è subito stato un florilegio di notizie secondo cui le proteste
erano dirette dalla camorra o da non meglio precisati “teppisti”, ricalcando il
canovaccio di due anni e mezzo fa a Chiaiano, quando la protesta di allora fu
definita una “rivolta plebea”. E così, il questore di Napoli, fautore della
linea dura, ha invitato a non minimizzare, parlando di “guerriglia”. Nel
frattempo, lanciava i suoi sgherri contro donne incinte, persone anziane e
perfino invalidi … che notoriamente si trovano a proprio agio negli scontri di
piazza; mentre il ministro Prestigiacomo individuava nei “camorristi” i responsabili
degli incidenti, dimenticando il piccolo particolare per cui la malavita ha
invece i suoi interessi proprio nella movimentazione e nello sversamento dei
rifiuti.
Il fatto è che, come
riferito da alcuni giornalisti (1), nei giorni scorsi “si sono viste scene da Intifada
contro le forze di polizia, perché, sostengono i rivoltosi, la sera prima erano
state picchiate anche le donne. E (…) la collera popolare è stata implacabile.
Poliziotti e carabinieri che scortavano i compattatori che erano riusciti a
sversare nella discarica i loro carichi di rifiuti, si sono ritrovati
imbottigliati. Si sono anche arresi alzando le mani, sono scappati. Un’auto dei
carabinieri bruciata. E poi pietre e lacrimogeni, lacrimogeni e pietre”.
Tra gli altri luoghi comuni
che questa vicenda provvede a sfatare, c’è quello della “rassegnazione” di
queste popolazioni, passive spettatrici di questa realtà di cui sarebbero esse
stesse responsabili “per propensione naturale”.
Al contrario, chi manifesta
lo fa perché è esasperato da vent’anni di bugie, inganni, malaffare, e dal
commissariamento straordinario servito soltanto a sedimentare una torbida
situazione in cui gli intrecci fra grande capitale, politica e malavita
organizzata, si sono scaricati sulle spalle di popolazioni e territori scelti
per la massimizzazione dei lucrosi profitti derivanti dalla gestione –
volutamente dissennata – del ciclo dei rifiuti. La borghesia e i suoi governi
(nazionale e locali) temono questa risposta popolare, compendiata in una frase
significativa: “Dobbiamo ringraziare quella puzza che ci ammorba, che ci ha
tappato il naso e aperto gli occhi. Noi siamo brave persone ma se dobbiamo
morire è meglio che lo facciamo battagliando” (2).
Non c’è più rassegnazione,
dunque; non c’è più passività in chi, difendendo strenuamente l’ambiente,
l’aria, l’acqua, il suolo, si erge come un ostacolo al dispiegarsi dello
sfruttamento del territorio da parte del capitalismo, che non vuole intralci
nella sua perversa logica d’intreccio con gli interessi dell’affarismo
imprenditoriale e della malavita organizzata. Proprio perché la realizzazione
di discariche e la costruzione d’inceneritori rappresentano un elemento
centrale del complessivo progetto politico ed economico del blocco borghese ed
industriale, nazionale e campano – che ha a cuore solo il profitto a scapito
del benessere degli abitanti delle zone individuate e di quelle limitrofe – la
risposta delle istituzioni impaurite dalla protesta consiste nell’ulteriore
militarizzazione del territorio e nella “mano dura”.
Le responsabilità dei governi della borghesia
Come abbiamo più volte
sostenuto, questa situazione non nasce dal nulla, né la responsabilità è solo
del governo in carica. È necessario forse ricordare i provvedimenti di militarizzazione
delle discariche e di secretazione dei siti del governo Prodi o quelli relativi
all’inceneritore di Acerra delle giunte Bassolino, tutti adottati con la
complicità della sinistra governista (Prc in testa)? Non è forse per tutelare i
profitti della lobby industriale e finanziaria della gestione dei rifiuti che
oggi, sulla strada tracciata (quando erano in carica) dai “governi amici” di
Prodi e Bassolino, in rappresentanza di questi interessi e spalleggiati da
tutte le forze della cosiddetta “sinistra radicale”, il governo Berlusconi,
servendosi degli stessi provvedimenti adottati da chi l’ha preceduto, individua
i siti per le discariche e moltiplica gli inceneritori, autorizzando
contestualmente la militarizzazione del territorio per vincere le resistenze delle
popolazioni locali?
Il fatto è che, secondo la
vulgata imperante, la popolazione campana sarebbe del tutto incapace di far
fronte allo smaltimento dei rifiuti da essa stessa prodotti: di qui la
necessità della repressione manu militari.
La realtà è, invece, radicalmente diversa; e ci parla di quasi 15 milioni di
tonnellate di rifiuti solidi urbani, speciali o altamente tossici, che sono
giunti dal 1993 ad oggi in Campania provenienti da Lombardia, Marche, Liguria,
Emilia Romagna, Abruzzo e Veneto: rifiuti pericolosi, fanghi industriali e
diossine sversati sul territorio campano grazie al blocco putrido di interessi
costituitosi fra imprese, politica, pezzi dello Stato borghese e malavita
organizzata. Le indagini giudiziarie hanno evidenziato che il 35% dei traffici
illegali di rifiuti in Italia si concentra, appunto, in Campania.
Unificare le lotte per la salute e l’ambiente con quelle per il lavoro
Intanto, mentre persino
l’Unione Europea boccia l’ipotesi di una nuova discarica a Terzigno, minacciando
l’apertura di un’ennesima procedura d’infrazione e bloccando l’erogazione di
oltre 145 milioni di euro di fondi comunitari destinati proprio alla regione
Campania, il “magnifico duo” Berlusconi/Bertolaso promette un altro “miracolo”
e gioca insieme la carta dell’intimidazione poliziesca e quella del
rabbonimento, promettendo l’elargizione di 14 milioni di euro di compensazioni
per Terzigno (niente però a Boscoreale!) e la “sospensione” della decisione di
aprire la seconda discarica.
Ma la popolazione non ci sta
a barattare la propria salute per pochi spiccioli (i quasi 15.000 residenti
riceverebbero circa 900 euro a testa una
tantum!) e soprattutto non crede a promesse che nascondono altri inganni;
per questo resta a presidiare le strade.
Tuttavia la lotta di massa
non può essere lasciata sola. È necessario che questa lotta si unifichi con
quelle dei metalmeccanici della Fiat di Pomigliano e della Fincantieri di
Castellammare, con quelle degli studenti che respingono la controriforma
Gelmini e dei lavoratori immigrati che rivendicano dignità, uguaglianza dei
diritti e permesso di soggiorno. È necessario creare comitati unitari di lotta
che coniughino la difesa dell’ambiente, del territorio e della salute con
quella del lavoro, dei diritti e del sapere, e che, a dispetto e contro le
burocrazie politiche e sindacali che pretendono di rappresentarli, proclamino
lo sciopero generale prolungato in tutta la regione Campania, contro i
provvedimenti di questo e dei precedenti governi e delle amministrazioni
regionale, provinciale e cittadina napoletana.
Il capitalismo non fa sconti
alle classi subalterne e pretende di realizzare succosi profitti perfino sui
rifiuti, calpestando il diritto alla salute e all’ambiente. Per questo, è
urgente che le popolazioni in lotta e i lavoratori, gli studenti e i migranti,
comincino a costruire la propria indipendenza di classe dalla borghesia e dai
suoi rappresentanti, opponendo al loro regime vessatorio e sanguinario un altro
sistema e un altro governo. In definitiva, un’altra società: quella socialista!
__________
(1) Ruotolo, “E la folla tradita urla ‘Non ci comprerete’”, La Stampa, 22/10/2010.
(2) Ibidem.