COSTRUITE CON NOI L'OPPOSIZIONE AL GOVERNO PRODI
E UN NUOVO PARTITO
Governo Prodi: governo di guerra e di rapina
Dopo la grande manifestazione di Vicenza contro la base Usa,
la risposta che il governo ha dato alle centinaia di migliaia di manifestanti
che hanno sfilato in nome della pace è stata inequivocabile: la base Usa si
farà. Dopo la manifestazione del 17 marzo a Roma contro la guerra e per il
ritiro delle truppe, puntuale il centrosinistra ha votato il decreto legge che
ha rifinanziato tutte le missioni imperialiste e che prevede per quella che
chiamano "missione di pace in Afghanistan" l'invio di elicotteri
blindati e nuove truppe con i mortai. Dopo il rapimento e la liberazione di
Mastrogiacomo, Prodi ha financo rotto con Gino Strada, lavorando in accordo con
Karzai per criminalizzare Emergency, da anni presente in Afghanistan per scopi
umanitari.
I 12 punti stilati da Prodi e imposti alla coalizione
dovrebbero chiarire definitivamente – anche ai compagni che hanno nutrito
speranze nella possibilità di "condizionare a sinistra" la politica
del governo – che quello che ci aspetta sarà proprio quello contro cui i
militanti di Rifondazione in questi anni si sono battuti: rifinanziamento delle
missioni militari e permanenza nella Nato; allargamento della base Usa a
Vicenza; realizzazione della Tav e dei rigassificatori; smantellamento del
sistema pensionistico; prosecuzione delle liberalizzazioni. Tutto questo
avviene dopo dieci mesi di politiche – di cui la Finanziaria è l'espressione
finale – a favore dei grandi gruppi industriali, contro i lavoratori: attacco
alle pensioni, con lo scippo del Tfr e l'avvio dei fondi pensione; aumento
delle spese militari; liberalizzazioni e privatizzazioni; lavoro precario e
politiche di esclusione per gli immigrati (tanto più gravi vista la presenza di
un ministro di Rifondazione, Ferrero, alla Solidarietà sociale).
E Rifondazione comunista?
Quale è stato il ruolo di Rifondazione comunista in questo
governo? Dicevamo, già prima della nascita del governo Prodi, che la presenza
di Rifondazione comunista in quel governo sarebbe stata preziosa per il
padronato italiano, così come il sostegno della Cgil alla politica economica di
Padoa Schioppa. Così è stato: Confindustria ha portato a casa quello che,
durante il governo Berlusconi, non era riuscita a incassare. La controriforma
delle pensioni (con il famigerato silenzio-assenso) e la privatizzazione della
Scuola pubblica (Fioroni ha proposto la trasformazione degli istituti pubblici
in fondazioni, con la partecipazione delle imprese) ne sono l'espressione più
eclatante: nemmeno Berlusconi e la Moratti erano mai arrivati a tanto. Oggi
anziché convocare uno sciopero generale contro il più pesante attacco che sia
stato sferrato ai lavoratori nell'ultimo decennio, Rifondazione e Cgil
approvano le controriforme.
È per questo che riteniamo assurdo l’argomento col quale
Rifondazione ha giustificato, per voce di Giordano, il suo voto a favore della
guerra in Afghanistan e della controriforma delle pensioni: "Se non
votiamo Prodi, torna Berlusconi". Berlusconi c'è già: ci sono le sue
politiche, che le proteste e gli scioperi della stagione precedente erano
riusciti a fermare e la destra si sta rafforzando nella società, preparandosi a
vincere di nuovo anche elettoralmente. Chi è scomparsa, invece, è proprio
Rifondazione, blindata negli anni a venire a votare a favore del padronato,
contro i lavoratori, i giovani sfruttati, gli immigrati, i popoli oppressi
dalle guerre imperialiste. Il partito che per anni, pur con tanti limiti, ha
sostenuto le lotte degli sfruttati, oggi è corresponsabile di tutto ciò.
Quali spazi per una battaglia all'interno di Rifondazione ?
Quali alternative al “cantiere” socialdemocratico di Bertinotti e Mussi?
La recente vicenda che si è conclusa con l'espulsione di
Turigliatto, per la sua non partecipazione al voto in Senato sulla politica
estera, è l'ultimo atto di un'involuzione che, all'indomani della nascita del
governo Prodi, ha segnato la vita interna di Rifondazione comunista: non
esistono spazi in quel partito non solo per condizionare la politica della maggioranza
dirigente, ma nemmeno per esprimere una voce di dissenso. Non a caso, la
trasformazione di Rifondazione da partito di lotta a partito di governo ha
portato con sé l'azzeramento di qualsiasi opposizione interna.
Per questo abbiamo assistito negli ultimi mesi al rientro in
maggioranza dell'area dell'Ernesto, che
ha sostenuto alla conferenza organizzativa del partito, nei giorni
scorsi, la proposta di Giordano. Perfino il rappresentante più critico di questo gruppo (Giannini,
che con Pegolo e Masella ha di recente rotto con Grassi) non ha mai fatto
mancare il proprio voto di fiducia ogni volta che Prodi ha proposto il rilancio
delle guerre imperialiste! Ai compagni vicini alle posizioni di questa area,
ormai sciolta, chiediamo: è possibile difendere le ragioni dei popoli contro
gli imperialisti sostenendo il governo della settima potenza imperialista del
mondo? Votando a favore di D'Alema che garantisce agli Stati Uniti il rispetto
degli "impegni presi" dall'Italia, a partire dall'allargamento della
base di Vicenza?
Similmente, l'area di Erre-Sinistra Critica, i cui dirigenti
sembrano consapevoli della natura antioperaia del governo ("I 12 punti
rappresentano la sanzione di una svolta liberista e di una decisa volontà di
affermare una politica di sacrifici e di guerra multilaterale", ha affermato
Turigliatto), si trova in un vicolo cieco: il fatto che Turigliatto abbia
votato la fiducia a Prodi proprio nel momento in cui Prodi rilanciava,
coi 12 punti, il programma di guerra e di dissanguamento dei lavoratori è
l'emblema di questa impasse. Non è possibile praticare l'opposizione
sociale nel Paese se, contemporaneamente, si annuncia "un appoggio esterno
molto condizionato in Parlamento" (come promette Cannavò): non si può
stare a metà strada tra gli oppressi e gli oppressori, tra chi vuole la guerra
e chi vuole la pace, tra interessi di classe contrapposti e inconciliabili.
Cari
compagni di Erre-Sinistra Critica è arrivato allora per voi il momento di
prendere una decisione chiara e definitiva. Non serve una maggiore
mobilitazione per spostare a sinistra il baricentro del governo -cosa
evidentemente impossibile- ma serve invece più mobilitazione per opporsi
alle politiche di questo governo anti-operaio e per fermare subito l'attacco dei
poteri forti!
Se il Prc, insieme a settori della sinistra Ds, mira a costruire un nuovo soggetto politico -il “cantiere” socialdemocratico di cui si sta parlando sulla stampa- come forza "responsabile" di governo alla sinistra del Partito Democratico (una socialdemocrazia più robusta di Rifondazione, ma al contempo più a destra, che dovrebbe nascere per tenere a freno i movimenti e garantire alla borghesia il controllo delle lotte), coloro che si pongono l'obiettivo di costruire un altro modello di società devono iniziare a lavorare da subito per qualcosa di diverso. Un “cantiere” più a sinistra di Rifondazione, imperniato sulle posizioni del “Prc delle origini” (come rivendica Cannavò) non sarebbe certo una fausta soluzione. Una rifondazione “bertinottiana di sinistra”, che rimetta indietro le lancette dell'orologio, è semplicemente destinata a ripercorrere la strada che ha portato alle scelte odierne del Prc, nel suo lungo percorso verso la meta governativa. Quello che serve ai movimenti oggi è invece un nuovo partito comunista e rivoluzionario: una forza radicale d’opposizione che rilanci le lotte dei lavoratori attorno ad un programma che partendo dalla difesa di salari e pensioni, dal rifiuto delle guerre imperialiste, ponga l'esigenza di una prospettiva anticapitalistica e socialista.
Costruiamo insieme l'alternativa comunista
All'indomani della vittoria dell'Unione, alcune centinaia di
dirigenti e militanti della sinistra di Rifondazione comunista -che come voi
per tanti anni avevano costruito quel partito- hanno deciso di non accettare
l'entrata dei comunisti nel governo dei padroni, di avviare da subito la
costruzione di un partito comunista degno di questo nome. Prevedevamo che, con
la partecipazione al governo Prodi, Rifondazione avrebbe perso qualsiasi legame
con le ragioni delle lotte e dei movimenti, sarebbe passata definitivamente
dall'altra parte (come hanno capito il lavoratori di Mirafiori e gli studenti
che hanno contestato Bertinotti a “La Sapienza”). I fatti hanno confermato le
nostre peggiori previsioni. A gennaio, insieme a tanti compagni che, nel
frattempo, hanno deciso per questi motivi di abbandonare il Prc, abbiamo dato
vita al Partito di Alternativa Comunista. Il nostro è ancora un piccolo partito
che si pone, però, un grande compito: quello di offrire una rappresentanza
politica ai lavoratori che subiscono oggi le manovre antioperaie del governo
Prodi, ai tanti giovani precari costretti a condizioni di vita miserrime, agli
immigrati, ai 200 mila manifestanti di Vicenza che si battono contro la guerra.
Per questo vi chiediamo di unirvi a noi, di costruire, con
noi, non l’ennesima “rete” o “cantiere” di sinistra, con un piede nel governo e
l’altro fuori, ma una vera opposizione contro Prodi e qualsiasi governo di
alternanza. Per l’alternativa reale dei lavoratori costruiamo insieme un nuovo
partito comunista!