di Francesco Ricci
In seguito a un articolo "scandalistico" di Libero che aveva fortemente irritato Bertinotti, Marco Ferrando (candidato senatore) aveva promesso sabato scorso di mantenere un "basso profilo" in campagna elettorale a un Bertinotti imbarazzato dalle sue dichiarazioni -del tutto condivisibili- sullo Stato sionista di Israele.
Sul Corriere della Sera di sabato 11 febbraio Ferrando cercava quindi di correre ai ripari, di fronte alla minaccia di Bertinotti di ridiscutere la candidatura. Per questo in una rettifica -imposta da Bertinotti- si arrampicava sugli specchi, precisando che si trattava di "frasi estrapolate" da "un libro vecchio di tre anni"; che non aveva "mai parlato" del tema della Palestina essendosi "concentrato sulla politica interna" (sic) e assicurava che i rapporti con Bertinotti rimanevano "sereni e rispettosi".
La politica del Corriere della Sera è chiara: un sostegno ormai evidente al futuro governo dell'Unione; la volontà di tenere dentro a questo progetto Rifondazione, considerandola uno strumento utile per "controllare" i movimenti e favorire il riassorbimento delle lotte (in una divisione di ruoli tra "democratici" e "socialdemocratici"); l'accettazione di un rapporto tra il Prc e le lotte che comprenda anche presunte candidature "di movimento" come quella di Caruso (Sergio Romano, in un fondo sul Corriere di qualche giorno fa spiegava che non bisogna chiedere a Bertinotti di rompere "con queste aree di fanatici" ma solo "di allungare il guinzaglio"); ma anche la richiesta a Bertinotti di mantenere un volto presentabile, di là da quelli che sono visti come elementi di folklore necessario. Di qui la richiesta (in una nota anonima, probabilmente del direttore del giornale) di cassare Ferrando dalle liste; di qui lo spazio ulteriormente concesso a Ferrando sul Corriere di ieri (lunedì 13 febbraio), per alimentare la polemica.
Nell'intervista di ieri, Ferrando confermava le sue posizioni ma glissava sulla questione controversa (la distruzione dello Stato sionista in un processo rivoluzionario per una Palestina socialista) e cercava di parlare d'altro. Solo che il tentativo "riparatore" ha prodotto un nuovo "scandalo". In cosa consiste? Ferrando si è limitato a ripetere quanto Progetto Comunista ha sempre sostenuto e quanto sosteniamo anche noi (Progetto Comunista - Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori, PC ROL) che da Ferrando e dalla sua Associazione ci siamo separati. Dice che la missione italiana in Irak è una missione imperialista; che le truppe italiane sono truppe di occupazione per la tutela degli interessi politici ed economici della borghesia italiana e in particolare dell'Eni; che il popolo irakeno ha diritto a resistere con ogni mezzo all'occupazione e che alla resistenza irakena va la totale e incondizionata solidarietà dei comunisti. Aggiunge anche (su sollecitazione interessata del giornalista) che l'esplosione della caserma a Nassirya è stato un atto concreto di questa resistenza a un'occupazione che viene attuata con massacri, bombardamenti al fosforo, torture.
Noi rivendichiamo questa posizione che da sempre è stata la nostra e rileviamo che nessuno, incluse le aree nel Prc che discettano sulla resistenza "con la r maiuscola", ha detto una sola parola per ricordare che una resistenza si attua necessariamente con mezzi militari, non con mazzolini di rose e viole.
Ciò detto dobbiamo però porre l'accento sul vero "caso Ferrando". Ferrando è stato inserito nelle liste del Prc direttamente da Bertinotti, con il parere contrario della maggioranza dei membri di Progetto Comunista in Cpn (10 membri su 17), con la contrarietà della larga maggioranza dei quadri e dei militanti dell'area. Perché la nostra opposizione? Come abbiamo già spiegato perché questa scelta non è stata discussa in nessun ambito di Progetto Comunista (ma concordata riservatamente da mesi direttamente tra Ferrando e Bertinotti) e soprattutto perché nel Cpn che la ha convalidata Ferrando ha silenziosamente accettato il vincolo imposto da Bertinotti: ogni eletto dovrà disciplinarsi alle scelte del partito e quindi dovrà votare la fiducia a Prodi (e poi le finanziarie "lacrime e sangue" che già si annunciano). Per garantirsi la candidatura Ferrando ha già dovuto assumere un atteggiamento "più morbido" sulle primarie e ha dovuto astenersi in Cpn sulle liste elettorali (mentre noi abbiamo votato contro).
Questo è per noi il vero "caso Ferrando". Non... l'incidente diplomatico in cui è caduto (e che rischia di fargli perdere la candidatura), vittima al contempo di un goffo tentativo di guadagnarsi uno spazio d'immagine (in competizione con i vuoti proclami roboanti di Caruso) e della furbizia di giornalisti scaltri. La vera questione è un altra: Ferrando dica subito con chiarezza se accetta l'imposizione di Bertinotti e se una volta eletto al Senato voterà la fiducia a Prodi o voterà contro. Non basta auspicare (grottescamente) "un ripensamento di Bertinotti", ormai felicemente avviato verso il governo. Non basta tuonare contro le guerre dell'imperialismo: bisogna opporsi (nelle piazze in primo luogo ma anche in parlamento) al probabile prossimo governo della borghesia imperialista italiana. Un governo che, come tutti i precedenti (D'Alema con la Jugoslavia, Prodi con l'Albania) farà le guerre in nome e per conto dell'imperialismo italiano. Il silenzio, le reticenze e i giochi di parole su questo punto fondamentale non fanno altro -nei fatti- che legittimare da sinistra la deriva governista del Prc. E in quel quadro a poco serve giocare (o farsi giocare...) con le interviste sui giornali.
In ogni caso, a parte le scelte di Ferrando e del suo gruppo (l'Amr Progetto Comunista), Progetto Comunista - Rifondare l'Opposizione dei Lavoratori -che ha formalizzato la sua costituzione in area organizzata proprio nello scorso fine settimana a Rimini, con un'assemblea di delegati di cui pubblicheremo nei prossimi giorni un resoconto- proseguirà nella battaglia per tutelare l'opposizione di classe e rilanciare il processo della rifondazione comunista e rivoluzionaria.