Partito di Alternativa Comunista

Gkn: un accordo che non basta a risolvere i problemi

Gkn: un accordo che non basta a risolvere i problemi

 

 

 

di Alberto Madoglio

 

 

 

Lo scorso luglio, la notizia che il fondo Melrose aveva deciso la chiusura della fabbrica Gkn a Campi Bisenzio e il conseguente licenziamento di oltre 400 lavoratori ha dato il la a una risposta operaia come non si vedeva da tempo.
Per primi sono stati i lavoratori stessi a mobilitarsi a difesa del loro posto di lavoro e contro la provocazione dei loro padroni. Immediatamente si è anche sviluppata una campagna di solidarietà di classe che non si è limitata alla sola città di Firenze, ma ha coinvolto larghi settori di lavoratori in tutto il Paese. Le varie manifestazioni che si sono svolte per esprimere la vicinanza ai lavoratori Gkn sono state molto partecipate. Le delegazioni operaie Gkn che in questi mesi hanno girato in lungo e in largo per lo Stivale raccontando la loro esperienza di lotta, hanno riscosso una partecipazione amplissima nelle iniziative, assemblee, cene di sottoscrizione alle quali erano invitate a partecipare.
I lavoratori Gkn hanno cercato di coordinarsi con altri proletari che si trovavano nelle loro stesse condizioni, cioè quella di dover respingere piani di riduzione della forza lavoro attraverso licenziamenti di massa o forme solo in apparenza meno dolorose come la cassa integrazione o incentivi all’esodo.
La solidarietà più importante l’hanno ottenuta dai lavoratori di Alitalia, come loro soggetti a un piano che definire «lacrime e sangue» è poco. I lavoratori dell’ex compagnia di bandiera hanno espresso una radicalità nelle loro rivendicazioni veramente esemplare. Il loro rifiuto di soccombere agli imbrogli che le varie burocrazie sindacali stavano perpetrando alle loro spalle ha probabilmente tolto loro l’attenzione e la falsa solidarietà dei mezzi di informazione al servizio della grande borghesia, ma rimarrà per sempre un luminoso esempio dell’auto-organizzazione dei lavoratori per la difesa dei loro diritti.

 

Burocrati, padroni e governo tramano contro gli operai

Torniamo alla Gkn. Mentre la solidarietà si sviluppava e i lavoratori davano vita a un presidio permanente e all’occupazione della fabbrica, gli apparati sindacali di Fiom e Cgil iniziavano la loro opera di sabotaggio, come infinite volte è avvenuto nel passato. Ci si sarebbe potuti aspettare, dato il clamore suscitato dalla vicenda, che il maggior sindacato d’Italia sfruttasse l’occasione per dar vita a una mobilitazione nazionale non solo a supporto dei lavoratori Gkn ma alle centinaia di crisi aziendali in corso, e più in generale per respingere gli attacchi di padroni e governo ai proletari, che hanno avuto il loro apice con la decisione dell’esecutivo di unità nazionale guidato da Mario Draghi di revocare il blocco dei licenziamenti. Blocco che in realtà era solo di facciata ma che con la sua eliminazione voleva essere un segnale lanciato a favore dei padroni, che veniva eliminato ogni minimo intralcio alle loro azioni.
Quindi, anziché proclamare uno sciopero nazionale di tutto il mondo del lavoro su parole d’ordine radicali e per la difesa dei lavoratori, nei fatti e non solo nelle parole, la Cgil e la categoria dei metalmeccanici si sono impegnati fin da subito per evitare che la situazione sfuggisse dal loro controllo, come invece avvenuto con il già ricordato caso Alitalia.
Anche a livello locale il sindacato diretto da Landini si è limitato a indire una giornata di sciopero nei giorni immediatamente successivi l’annuncio dei licenziamenti, e nulla più.
O meglio, nulla più per quanto concerne la necessità di sostenere e sviluppare la mobilitazione, molto invece per mantenerla o riportarla nel solco di una infinita trattativa istituzionale tra burocrazia sindacale, azienda, prefettura e governo.
Si è così giunti all’accordo dello scorso 19 gennaio, per mezzo del quale un imprenditore fino ad oggi sconosciuto alle cronache, Francesco Borgomeo, titolare di un modesto gruppo industriale attivo nel campo della ceramica, rileverà il sito produttivo di Campi Bisenzio. L’accordo siglato fra le parti prevede la continuità aziendale, il ritiro dei licenziamenti e il mantenimento dell’inquadramento salariale e normativo fin qui maturato dagli operai.
A prima vista l’accordo pare positivo per i lavoratori, così è stato descritto dalle burocrazie, dai ministeri coinvolti e da tutta la stampa compiacente. I lavoratori lo hanno approvato con una votazione unanime dei partecipanti (anche se circa un quarto di loro a causa della pandemia non è riuscito a esprimere il voto).
Possiamo comprendere il loro sollievo, dato che il rischio era quello di perdita immediata del lavoro oppure che l’azienda fosse acquistata da un fondo speculativo che una volta ottenuti finanziamenti statali si sarebbe dato alla fuga come il fondo Melrose.
Tuttavia crediamo che la soluzione trovata non sia minimamente in grado di dare una risposta positiva alle richieste e alle necessità dei lavoratori.

 

Insorgiamo… per il socialismo!

Anche se volessimo analizzare l’accordo dal lato di una soluzione di «mercato», i dubbi sulla sua solidità e possibilità di futuri sviluppi sono enormi. Dalle notizie che siamo riusciti a raccogliere in rete, il gruppo Borgomeo (SaxaGress) negli ultimi anni ha prodotto un fatturato e degli utili così irrisori che fanno venire il dubbio non solo sulla sua possibilità di garantire un percorso di riconversione industriale con l’effettivo mantenimento di tutti i posti di lavoro, ma anche quello di poter saldare qualche bolletta della luce o del gas (1).
Inoltre una organizzazione non particolarmente radicale e anti sistema come Lega Ambiente mette in discussione la figura di Borgomeo come quella di un imprenditore attento alle esigenze ambientali e sociali, come la stampa di regime si è incaricata di raccontare appena si è palesato come salvatore dell’ex Gkn (2).
In verità la soluzione trovata quasi certamente non sarà risolutiva nemmeno per le necessità immediate dei lavoratori, ma avrà consentito a padroni e burocrati di guadagnare tempo nel loro tentativo di far rifluire la lotta.
Immaginiamo quale potrebbe essere l’obiezione a questa nostra considerazione: in attesa del «sol dell’avvenire» questo è il miglior risultato ottenibile.
In realtà lo stesso sviluppo del caso Gkn, la mobilitazione degli operai, il supporto e la simpatia ottenuti in Italia, sono lì a dirci che sarebbe possibile un percorso differente. L’occupazione della fabbrica, come si è verificata, avrebbe reso praticabile la gestione della produzione per opera dei lavoratori stessi. Questo atto quasi certamente avrebbe ottenuto il sostegno di larghi settori di lavoratori e avrebbe potuto essere copiato nelle altre realtà di fabbrica in situazioni simili: Gianetti Ruote, Whirpool, Saga Coffee, Bosch, Caterpillar ecc.
Avrebbe potuto essere la scintilla che avrebbe permesso l’esplosione di una ribellione di massa generalizzata contro gli attacchi del capitale al mondo del lavoro, così come successo negli anni scorsi in Cile, Brasile, Ecuador e in parte come si sta verificando negli Stati Uniti, con un processo di sindacalizzazione e scioperi veramente sorprendente (3).
Certo doversi scontrare con l’azione coordinata di padroni, governo, direzioni sindacali concertative che operano in senso contrario, e in assenza di una direzione politica coerentemente anti capitalista ha reso questa strada per il momento non percorribile.
Diciamo «per il momento» perché situazioni come quella della Gkn sono destinate a ripresentarsi già nelle prossime settimane, per non dire nei prossimi giorni.
E anche perché gli stessi lavoratori Gkn hanno manifestato l’intenzione di non smobilitare e di non considerare terminata la loro esperienza di lotta, come le iniziative messe in campo in questo periodo lasciano immaginare.
Pensiamo che l’insorgiamo tour (la serie di iniziative che i lavoratori Gkn stanno organizzando in diverse città) dovrebbe mettere all’ordine del giorno della sua discussione una riflessione su come, dalle lotte concrete che sono presenti oggi in Italia e che abbiamo in parte elencato in precedenza, sviluppare una mobilitazione generale contro le politiche antioperaie messe in campo dal governo Draghi. Una mobilitazione che debba avere nel suo programma l’alternativa di classe, anticapitalista, rivoluzionaria al dominio della borghesia.
Sarà l’esperienza concreta e lo sviluppo degli eventi che vedremo nel prossimo futuro a dimostrare che nessuna soluzione che non ponga in discussione l’economia di mercato, e lo sfruttamento operaio in nome del profitto, è in grado di risolvere nemmeno in parte, nemmeno per un attimo, quelle che sono le necessità dei proletari.
Come Partito di Alternativa Comunista saremo al loro fianco, come lo siamo stati con i lavoratori Alitalia, per sostenerli nella lotta, e provare a mostrare loro la strada da seguire. Il 26 marzo parteciperemo al corteo di Firenze per insorgere insieme contro il governo Draghi e per costruire i necessari rapporti di forza per mettere in discussione questo sistema barbaro che genera solo miseria e morte.

 

Note

1) Tuttodati.it, SaxaGres Spa e Gkn Driveline

2) cdca.it, «Economia circolare, la stai facendo male. La favola di Saxa Gres»

3) F. Oppen – A. Iturbe, «Gran oleada de huelgas en Estados Unidos», 11 novembre 2021, www.litci.org

 

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